giovedì, febbraio 15, 2007
Il sindacalismo all' Alfa Romeo.
"Erano anni bui, gli anni '70. Che qualche "sedicente" come scrivevano i giornali sinistri di allora, o "presunto" Brigatista Rosso, come scrive "Il Manifesto" ora vorrebbe far tornare. Insieme a qualche Cattivo Maestro, che mai ha abbandonato l' idea rivoluzionaria. Ma Epifani e la CGIL si definiscono "sorpresi e costernati" dal fatto di trovare la presenza brigatista nel sindacato. Eppure dovrebbero conoscere la storia del sindacalismo, ed in particolare di quello che accadeva all' Alfa Romeo proprio in quegli anni. E che portò prima allo sfascio la casa automobilistica milanese, eppoi al suo inquadramento (ma guarda un po' !) con la Lancia nel gruppo FIAT.
Spulciando nella mia collezione di "Candido" ho trovato un articolo del 2 Dicembre 1971 di Paolo Pisanò che ben descrive la situazione all' Alfa negli anni che avrebbero spalancato le porte al terrorismo comunista delle BR. Dove si descrive la situazione prevaricatoria di molti sindacalisti rossi nei confronti non solo dei quadri, con l'aggressione a Marcello Brani, un dirigente sessantunenne partito dalla gavetta ed al Capo Reparto Giovanni Cavalieri, ma anche degli operai, in special modo verso coloro che non "odiavano" i padroni. E verso coloro che volevano mantenesri apolitici. Attraverso boicottaggi, isolamenti, fino alle minacce ed alle aggressioni. Spesso gli operai tentavano di ribellarsi, firmando manifesti e petizioni, come fecero quelli della Linea 33 Montreal, aggrediti dai picchiatori direttamente alla catena di montaggio, ma raramente trovavano il sostegno non solo dai quadri intermedi, come abbiamo visto aggrediti e realmente terrorizzati, ma soprattutto non ricevano appoggio dagli altissimi dirigenti, troppo preoccupati a difendere il loro posto da boiardi di stato. E così sindacalisti come Cavicchioli, della FIOM-CGIL, già Consigliere Comunale comunista a Rho, poteva vantarsi di non fare nulla dalla mattina alla sera e di stare all' Alfa solo per sabotare l' azienda, spadroneggiavano indisturbati. O come Damiani, già licenziato per violenze ma poi riassunto, che passava il tempo in fabbrica a fare l'agitatore. O come Banfi, figlio di un Senatore comunista. O come Paolo Baggiani, redattore de "Il Quadrifoglio", periodico aziendale, grande organizzatore di scioperi, che mentre proclamava che non si devono fare straordinari, in realtà racimolava dalle settanta alle ottanta ore mensili di straordinari per "servizi giornalistici" nei quali esigeva lotta ad oltranza, sciopero e picchettaggio. Picchettaggi che spesso davano i loro frutti, come nel caso dell' operaio Angelo Penati di 45 anni, sposato e padre di 2 figlie, massacrato di botte per aver voluto entrare in fabbrica nonostante uno sciopero; con ottanta giorni di prognosi.
Aggressioni che continuavano la linea violenta iniziata in Alfa Romeo con l' uccisione del Direttore Generale Ugo Gobbato il 28 Aprile 1945 e di cui parlerò in Morti Dimenticati.
Spulciando nella mia collezione di "Candido" ho trovato un articolo del 2 Dicembre 1971 di Paolo Pisanò che ben descrive la situazione all' Alfa negli anni che avrebbero spalancato le porte al terrorismo comunista delle BR. Dove si descrive la situazione prevaricatoria di molti sindacalisti rossi nei confronti non solo dei quadri, con l'aggressione a Marcello Brani, un dirigente sessantunenne partito dalla gavetta ed al Capo Reparto Giovanni Cavalieri, ma anche degli operai, in special modo verso coloro che non "odiavano" i padroni. E verso coloro che volevano mantenesri apolitici. Attraverso boicottaggi, isolamenti, fino alle minacce ed alle aggressioni. Spesso gli operai tentavano di ribellarsi, firmando manifesti e petizioni, come fecero quelli della Linea 33 Montreal, aggrediti dai picchiatori direttamente alla catena di montaggio, ma raramente trovavano il sostegno non solo dai quadri intermedi, come abbiamo visto aggrediti e realmente terrorizzati, ma soprattutto non ricevano appoggio dagli altissimi dirigenti, troppo preoccupati a difendere il loro posto da boiardi di stato. E così sindacalisti come Cavicchioli, della FIOM-CGIL, già Consigliere Comunale comunista a Rho, poteva vantarsi di non fare nulla dalla mattina alla sera e di stare all' Alfa solo per sabotare l' azienda, spadroneggiavano indisturbati. O come Damiani, già licenziato per violenze ma poi riassunto, che passava il tempo in fabbrica a fare l'agitatore. O come Banfi, figlio di un Senatore comunista. O come Paolo Baggiani, redattore de "Il Quadrifoglio", periodico aziendale, grande organizzatore di scioperi, che mentre proclamava che non si devono fare straordinari, in realtà racimolava dalle settanta alle ottanta ore mensili di straordinari per "servizi giornalistici" nei quali esigeva lotta ad oltranza, sciopero e picchettaggio. Picchettaggi che spesso davano i loro frutti, come nel caso dell' operaio Angelo Penati di 45 anni, sposato e padre di 2 figlie, massacrato di botte per aver voluto entrare in fabbrica nonostante uno sciopero; con ottanta giorni di prognosi.
Aggressioni che continuavano la linea violenta iniziata in Alfa Romeo con l' uccisione del Direttore Generale Ugo Gobbato il 28 Aprile 1945 e di cui parlerò in Morti Dimenticati.
(nella foto, un' Alfa Romeo Montreal)